Fino al 20 Dicembre 2025
Dal martedì al sabato 11-13 / 15-19
Luigi Ghirri nasce a Scandiano nel 1943 e trascorre l’infanzia nelle campagne emiliane, un paesaggio semplice e silenzioso che avrebbe profondamente segnato la sua sensibilità. Dopo il trasferimento a Modena, dove lavora in un’agenzia immobiliare, si immerge nella lettura e nella cultura visiva fino ad avvicinarsi alla fotografia in modo sempre più deciso. Nel 1974 fonda la sua casa editrice e pubblica Kodachrome, il primo libro che ne rivela subito la voce originale. Le prime esposizioni attirano l’attenzione di critici e intellettuali; negli anni successivi Ghirri intreccia rapporti con fotografi come Franco Fontana, architetti come Aldo Rossi e artisti come Lucio Dalla, con cui instaura un’amicizia profonda. Un breve viaggio negli Stati Uniti al seguito del cantautore non basta a distoglierlo dall’Italia, il vero centro della sua ricerca, dove torna immediatamente. Alla sua scomparsa prematura, a soli 49 anni, lascia oltre 150.000 fotografie e una Fondazione dedicata alla conservazione della sua opera.

Ghirri è un autore concettuale e quasi metafisico, capace di trasformare ciò che è quotidiano in rivelazione. Minimalismo, silenzio, bordi sfumati, colori pastello e una rara presenza umana definiscono un linguaggio visivo che oggi appare inconfondibile. La sua fotografia indaga gli spazi trascurati, i “non luoghi”, gli oggetti e le superfici del vivere, con un’attenzione che si allontana dall’eccezionale per concentrarsi sulle piccole cose che costruiscono il nostro mondo. Le persone, quando presenti, sono figure distanti e anonime, strumenti di una riflessione sull’immagine stessa. Dai panorami emiliani agli interni dello studio di Giorgio Morandi, ogni suo scatto è una meditazione sulla realtà e sulla sua rappresentazione.

Luigi Ghirri usa il colore come linguaggio artistico, non come semplice dato realistico. I suoi toni pastello, le luci morbide e le atmosfere sospese creano un mondo visivo intimo e malinconico, dove la realtà sembra sempre anche un po’ immaginata. La fotografia non è solo un modo per “mostrare il mondo”, ma anche per riflettere su come il mondo viene visto. Spesso fotografa cartoline, manifesti, interrogandosi sul rapporto tra realtà e rappresentazione.

Nel 1984 Ghirri realizza l’opera che cambierà per sempre la fotografia italiana: Viaggio in Italia. Attorno a sé riunisce venti fotografi che, come lui, cercano un nuovo modo di guardare il Paese, lontano dai cliché della cartolina e dal sensazionalismo del reportage. La mostra e il libro che l’accompagnano diventano il manifesto della Scuola Italiana di Paesaggio, un invito collettivo a scoprire la bellezza nascosta nei margini, nelle periferie, nei luoghi comuni e quotidiani. Viaggio in Italia sostituisce l’immagine oleografica del Paese con un racconto antieroico, semplice e vero, capace di restituire un’Italia reale, fatta di strade ordinarie, cambiamenti sociali, atmosfere sospese. È un progetto che ha influenzato generazioni di autori e che ancora oggi ci ricorda quanto sia rivoluzionario imparare a guardare ciò che abbiamo sotto gli occhi.

Tra il 1979 e il 1083 Ghirri si dedica con intensità alla Polaroid, un mezzo che gli offre la possibilità di abbracciare l’immediatezza e l’aleatorietà dello scatto istantaneo dopo anni di rigoroso controllo formale. Questa tecnologia, con i suoi tempi rapidi e le sue imperfezioni, apre al fotografo un nuovo spazio di libertà: piccole still life costruite con oggetti quotidiani, frammenti di memoria, carte, piante, conchiglie, elementi raccolti e disposti.

Foto di copertina: Luigi Ghirri, Trieste: Il Molo, 1988, positivo a colori cromogenico su carta al polietilene, 15 x 22 cm

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