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AL VIA LA 23ª EDIZIONE DEL PREMIO CAIRO

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IL 14 OTTOBRE IN STREAMING SU CORRIERE.IT DAL MUSEO DELLA PERMANENTE DI MILANOLA PREMIAZIONE DEL VINCITORE

DAL 15 AL 20 OTTOBRE LA MOSTRA D’ARTE CONTEMPORANEA DEL PREMIO CAIRO con le opere inedite della 23ª edizione e quelle della Collezione Premio Cairo

La mostra è a ingresso libero e compensa l’impronta di carbonio grazie a LifeGate

Appuntamento imperdibile con l’arte contemporanea per la 23ª edizione del Premio Cairo,organizzato dal mensile ARTE di Cairo Editore, diretto da Michele Bonuomo, che sta per entrare nella fase finale con l’esclusiva serata di premiazione di lunedì 14 ottobre nella prestigiosa sede espositiva del Museo della Permanente di Milano. A seguire la mostra aperta al pubblico dal 15 al 20 ottobre.

«Venti giovani artisti emergenti, venti linguaggi espressivi differenti, venti identità fortemente caratterizzate. E un unico stato d’animo che attraversa le loro opere: una precarietà esistenziale generata e alimentata dalla realtà inquieta e sempre più drammatica con cui l’arte si trova a fare i conti, al fine di governarla e trasformarla, offrendo la sua energia creativa come rinnovata “forma di speranza”» – dichiara Michele Bonuomo, direttore di ARTE.«Un impegno affrontato con consapevolezza dai protagonisti della 23ª edizione del Premio Cairo e onorato dalle opere proposte, ognuna messa a punto nelle forme che meglio definiscono la loro personale “storia dell’arte”. Opere, dunque, create con una pluralità di dispositivi espressivi: da quelli mai esausti della pittura e della scultura ad altri mutuati da ipertecnologie in continua evoluzione e da guardare senza pregiudizi. Una varietà di linguaggi che testimonia lo stato attuale della ricerca d’arte contemporanea, e allo stesso tempo – come suggerisce il critico e storico dell’arte svizzero Hans Ulrich Obrist – “costituisce una delle più confortanti forme di resistenza al progressivo uniformarsi dei modi di vivere, grazie alla creazione infinita e formidabile di commistioni locali e alla capacità inesauribile di coltivare la diversità”. Una ricchezza di espressioni e di prese di coscienza, dunque, a dimostrazione che l’arte, in ogni sua manifestazione e in ogni contesto, è un solido muro di difesa contro minacce d’ogni sorta. E un’irrinunciabile speranza».I venti giovani artisti selezionati dalla redazione di ARTE per il 23° Premio Cairo sono: Thomas Berra, Chiara Calore, Tomaso De Luca, Pietro Fachini, Emilio Gola, Giuseppe Lo Schiavo, Giulia Maiorano, Giulia Mangoni, Pietro Moretti, Matteo Pizzolante, Aronne Pleuteri, Vera Portatadino, Carlo Alberto Rastelli, Marta Ravasi, Adelisa Selimbašić, Davide Serpetti, Arjan Shehaj, Luca Staccioli, Maddalena Tesser, Flaminia Veronesi. Ciascuno presenterà un’opera inedita che sarà valutata dalla prestigiosa giuria presieduta da Patrizia Sandretto Re Rebaudengo,presidente dell’omonima Fondazione di Torino, coadiuvata da esperti di grande autorevolezza del mondo dell’arte; Luca Massimo Barbero, direttore Istituto di Storia dell’Arte-Fondazione Giorgio Cini di Venezia; Ilaria Bonacossa,direttrice del Palazzo Ducale di Genova; Bruno Corà, Presidente della Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri di Città di Castello; Lorenzo Giusti, direttore Galleria d’ArteModerna e Contemporanea (Gamec) di Bergamo; Gianfranco Maraniello, direttore Polo Museale del Moderno e Contemporaneo del Comune di Milano; Renata Cristina Mazzantini, direttrice della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma; e infine il maestro Emilio Isgrò, inventore della “cancellatura”, uno dei protagonisti italiani più autorevoli a livello internazionale nel mondo dell’arte contemporanea.

Foto conferenza stampa del 12 settembre 2024.

La proclamazione dell’opera vincitrice della 23esima edizione del Premio Cairo si terrà il 14 ottobre al Museo della Permanente di Milano e potrà essere seguita in streaming su corriere.it, grazie alla consolidata media partnership per l’ottava edizione consecutiva con Corriere della Sera. Il premio inoltre vede al suo fianco LifeGate in qualità di partner ambientale per la compensazione dell’impronta di carbonio generata dall’evento.

Nato nel 2000 dalla volontà del presidente Urbano Cairo di sostenere i giovani artisti italiani e di far conoscere al pubblico nuovi protagonisti, nuove tendenze e nuovi linguaggi presenti nella ricerca d’arte contemporanea, il Premio Cairo, giunto alla 23ª edizione,si è confermato nel tempo come la più autorevole e prestigiosa opportunità per i giovani artisti in Italia.

Un importante trampolino di lancio che offre agli artisti la duplice opportunità di consolidarsi nel panorama artistico nazionale ed internazionale e di vivere una grande esperienza: selezionati dalla redazione di Arte e chiamati a realizzare per l’occasione opere inedite. Per l’autore dell’opera vincitrice è previsto un premio di 25mila euro; inoltre, l’opera entrerà a far parte della Collezione del Premio Cairo.

«Dal 2000 il premio rappresenta un palcoscenico in cui più di 400 artisti selezionati dalla redazione di Arte hanno potuto mostrare il loro talento e la loro creatività sottoponendo le proprie opere al giudizio di una giuria di esperti di altissimo profilo» – dichiara Urbano Cairo, presidente di Cairo Editore – «Siamo stati tra i primi a credere e a sostenere l’importanza di valorizzare i giovani emergenti nell’ambito dell’arte contemporanea; il loro successo, testimoniato dagli oltre cinquanta artisti che dopo aver partecipato al premio hanno avuto la possibilità di esporre le proprie opere alla Biennale di Venezia, ci rende orgogliosi per aver dato un contributo concreto alla crescita di questi giovani talenti.»

Dal 15 al 20 ottobre l’esposizione delle 20 opere, insieme all’intera Collezione Premio Cairo di tutti i lavori premiati nelle precedenti edizioni, sarà aperta gratuitamente al pubblico nella splendida cornice del Museo della Permanente di Milano. Sulla pagina Instagram @premiocairo si potrà seguire l’intero percorso del Premio Cairo 2024, con tutte le novità, gli artisti, le opere e gli aggiornamenti in tempo reale fino alla proclamazione dell’artista vincitrice/vincitore e gli highlights della serata inaugurale. Il Premio sarà raccontato anche da una squadra di art influencer tra i più seguiti e apprezzati su Instagram e TikTok.

Ulteriori informazioni sul premio e sulla sua storia sul sito premiocairo.com.

Il Premio Cairo è sostenuto da una importante campagna di comunicazione: promozione stampa pianificata sul Corriere della Sera, sul mensile Arte esugli altri periodicidi Cairo Editore, radio su Monte Carlo e LifeGate Radio, TV su La7, digital e social con LifeGate e affissioni nel centro di Milano.

        I 20 artisti selezionati dalla rivista Arte per ledizione del 2024
Thomas Berranato nel 1986 a Desio (Monza e Brianza) 
Chiara Calorenata nel 1994 a Abano Terme (Padova) 
Tomaso De Lucanato nel 1988 a Verona 
Pietro Fachininato nel 1994 a Milano 
Emilio Golanato nel 1994 a Milano 
Giuseppe Lo Schiavonato nel 1986 a Vibo Valentia 
Giulia Maioranonata nel 1991 a Milano 
Giulia Mangoninata nel 1991 a Isola del Liri (Frosinone) 
Pietro Morettinato nel 1996 a Roma 
Matteo Pizzolantenato nel 1989 a Tricase (Lecce) 
Aronne Pleuterinato nel 2001 a Erba (Como) 
Vera Portatadinonata nel 1984 a Varese 
Carlo Alberto Rastellinato nel 1986 a Parma 
Marta Ravasinata nel 1987 a Merate (Lecco) 
Adelisa Selimbašic’nata nel 1996 a Malsch, Karlsruhe, Germania 
Davide Serpettinato nel 1990 a L’Aquila 
Arjan Shehajnato nel 1989 a Patos, Albania 
Luca Stacciolinato nel 1988 a Imperia 
Maddalena Tessernata nel 1992 a Vittorio Veneto (Treviso) 
Flaminia Veronesinata nel 1986 a Milano 

I Partner

Per l’edizione 2024 il Premio Cairo vede al suo fianco brand e aziende che hanno scelto l’evento proponendosi come parte attiva nella promozione artistica di giovani talenti nel mondo dell’arte contemporanea. Banco BPM sostiene da sempre le iniziative di valorizzazione del patrimonio artistico italiano e delle proprie collezioni d’arte: l’identità della Banca si riflette nell’impegno a preservare nel tempo tali opere e a creare occasioni di condivisione con la collettività, per questo motivo Banco BPM affianca come Main Partner il Premio Cairo. Grand Tour Italia, fondato da Oscar Farinetti, è stato inaugurato il 5 settembre 2024 a Bologna e rappresenta un viaggio nella biodiversità delle singole regioni italiane, ciascuna con le proprie tradizioni enogastronomiche ed eventi folcloristici. Un parco di 50 mila metri quadrati suddivisi in: 20 osterie tipiche regionali con chef e menu che cambiano periodicamente; 20 aree di vendita di prodotti tipici regionali: cibi e bevande; 20 aree didattiche dedicate all’enogastronomia, alla storia, alla cultura e alle tradizioni delle regioni italiane; 20 aree paesaggistiche e di promozione turistica dedicate al nostro Paese. E poiché l’Italia tutta è una grandissima opera d’arte è nata la partnership con il Premio Cairo che sostiene e promuove i giovani talenti italiani dell’arte contemporanea.Baratti&Milano, fondata a Torino nel 1858, Baratti&Milano fa parte della storia dolciaria italiana e dopo oltre 160 anni è tra le firme più prestigiose nel mondo del cioccolato e della confetteria. Da sempre attenta a promuovere l’arte e la cultura, ha scelto di essere a fianco del Premio Cairo in qualità di partner condividendo i valori di questa straordinaria opportunità per i giovani talenti creativi del nostro paese. Sostengono il Premio Cairo come media partner Lifegate, in qualità di partner ambientale per la compensazione dell’impronta di carbonio generata dall’evento, Urban Vision Group,creative-tech media company leader nell’Out of Home, volta ad innovare la comunicazione urbana attraverso lo sviluppo di progetti innovativi in modo da trasformare le città in luoghi sempre più stimolanti e inclusivi e rendere la vita urbana più vibrante e dinamica e Corriere della Sera,il primo quotidiano italiano, per l’ottavo anno consecutivo a fianco del Premio Cairo.

I PROFILI DEI 20 ARTISTI SELEZIONATI DALLA RIVISTA ARTE

PER LA 23ª EDIZIONE DEL PREMIO CAIRO

Thomas Berra                          

Dopo gli esordi influenzati dalla pittura figurativa del Novecento, dal Primitivismo al Graffitismo, sino alle tendenze degli anni Ottanta, Thomas Berra ha reinterpretato elementi naturali, forme organiche e specie vegetali peculiari come le “vagabonde” (piante che si auto-disseminano), trasfigurandole in un insieme segnico intricato di fronde e fogliame. Talvolta affiorano paesaggi in lontananza, figure arcaiche, soggetti sognanti, che evocano universi poetici e immaginari. Inoltre, la sua pittura si estende su scala ambientale come propagazione e ricerca dell’armonia tra uomo e natura. Nato nel 1986 a Desio (Monza e Brianza), Berra ha studiato all’Accademia di Brera, ha tenuto la sua prima personale nel 2005 e poi ha esposto in diverse istituzioni come Ca’ Pesaro di Venezia e la Triennale di Milano.

Chiara Calore                                  

  Tra iconografia classica e cultura digitale, i dipinti di Chiara Calore presentano un immaginario inquieto, enigmatico, archetipico. Dalla combinazione di immagini tratte da fonti web, dalla storia dell’arte e da derive cultuali prendono forma personaggi misteriosi e soggetti ibridi che popolano scenari indistinti, paesaggi edenici, atmosfere oniriche dai toni saturi e brillanti, alternati a cromie cupe. Si tratta di volti trasfigurati, animali deformi, esseri mutanti, elementi naturali, simboli e still life multiformi, rituali pagani, liturgie sacre, danze tribali, che celano verità arcaiche. Classe 1994, originaria di Abano Terme, Calore vive e lavora a Venezia. Le sue opere sono state esposte in vari spazi privati e pubblici tra cui la Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia e il Castello Sforzesco di Milano.

Tomaso De Luca               

Corpo, spazio e potere. «L’architettura è un sistema di coreografia della vita e della società, accogliente e sicuro, ma spesso anche violento», sostiene Tomaso De Luca (Verona, 1988). Formatosi alla Nuova Accademia di Belle Arti di Milano, attinge a un vastissimo repertorio di riferimenti, per una ricerca tutta concettuale e filosofica tesa a disinnescare questi schemi. Le sue sculture e le installazioni riflettono sul tema dell’abitare. E lo fanno in tutte le sue componenti: sociali, economiche, emotive.
I lavori sono ibridi di oggetti ma anche spazi dalla natura incerta e indefinibile. Oltre alla scultura, la pratica dell’artista, di stanza a Berlino, si espandecome un virus nella società attraverso una varietà di media che includono disegno, perforance, video, perfino lecture.

Pietro Fachini                   

Per Pietro Fachini (Milano, 1994) la natura non è un’entità ideale e astratta, ma solo un sinonimo di vita, una vita in cui siamo immersi e che tuttavia non si esaurisce nella sola presenza umana. Formatosi in grafica, Fachini viene iniziato alla pittura metafisica da Maurizio Bottoni, per poi elaborare una poetica personale profondamente influenzata da luoghi e culture lontane. I “viaggi studio”
di Fachini lasciano traccia concreta nelle sue tele, sia che si tratti degli studi realizzati con i pigmenti organici dell’Amazzonia colombiana, o delle “meditazioni visive” ispirate ai boschi in Sardegna; qui la corteccia porosa e ipnotica delle sughere domina la composizione e sembra quasi espandersi oltre i limiti dell’opera, lasciando presagire un brulichio, una vita silenziosa e in perpetuo movimento.

Emilio Gola                        

Si tende spesso a trasfigurare la giovinezza come un’età estrema e bruciante, fatta di sfrontatezza e infrazione del limite: niente di più lontano dalle atmosfere di Emilio Gola (Milano, 1994), che nei suoi quadri rappresenta gruppi di ragazzi languidamente abbracciati, distesi su un divano oppure su un prato nelle sere d’estate, circondati da pile disordinate di libri, scarpe, pastelli e altri oggetti quotidiani. Complice il fatto di ritrarre amiche e amici che posano per lui in studio, l’artista, diplomato in Pittura all’Accademia di Brera, infonde alle sue opere un calore, una svagata intimità che ricorda la poetica di Balthus, e tra i volti limpidi e androgini dei suoi conoscenti coglie il lato più vulnerabile della giovinezza, fatto di incertezze e di un’ansiosa ricerca d’identità.

Giuseppe Lo Schiavo      

La ricerca di Giuseppe Lo Schiavo (Vibo Valentia, 1986) rappresenta un ricco punto d’incontro tra pratica artistica e pensiero scientifico. Se in Windowscape l’artista sperimenta con la “fotografia sintetica”, creando paesaggi sognanti e iperrealistici attraverso il solo utilizzo del computer, in Chimera esplora l’intersezione tra arte e intelligenza artificiale tramite un software che genera creature ibride. Ancora più audace è il progetto Contamination, realizzato nel reparto di Microbiologia del Royal Hospital of London, in cui Lo Schiavo “dipinge” grazie a un pigmento rosso prodotto da un batterio. Laureato in Architettura presso La Sapienza di Roma, nelle sue opere Lo Schiavo concepisce davvero mondi e scenari alternativi, in cui il sapere tecnico si fonde a una furiosa immaginazione.

Giulia Maiorano               

Spunti legati alla vita quotidiana e all’infanzia, oltre che alle esperienze personali dell’artista, diventano “esistenziali” e universali nell’arte di Giulia Maiorano (Milano, 1991). Dopo un inizio più strettamente legato alla performance, la sua arte di impronta concettuale ma non priva di aspetti tattili e sensoriali prende spunto da luoghi in apparenza neutri e azioni minime, trasfigurandoli. Nei lightbox, basta un oggetto che occulta il volto per aprire prospettive sognanti e malinconiche, giocose e riflessive. In altre opere, la lavorazione della cera trasforma la natura e la vegetazione in elementi perturbanti e quasi minacciosi, mentre oggetti d’uso comune che passano di mano in mano come le saponette, recuperate e rimodellate, diventano “lingue” che raccontano simbolicamente le storie di chi le ha usate.

Giulia Mangoni                

La campagna e i suoi ritmi, le sue storie, ma sempre in chiave fiabesca: c’è un pizzico di autobiografia nelle tele fitte di Giulia Mangoni (Isola del Liri, 1991). Al confluire di mondi, l’artista italo-brasiliana sa ricombinare una natura selvatica, quasi a evocare un’estetica tropicalista, come il paesaggio e il folclore della Ciociaria. Cresciuta tra Italia (l’infanzia, a Isola del Liri) e Brasile (l’adolescenza, a Rio de Janeiro), si forma a Londra, alla City & Guilds of London Art School, e poi a New York, per tornare oggi
nella sua città natale. Radicata al territorio e ai suoi archetipi, tra arte e vita, appartenenza e memoria, traduce l’idea romantica del rurale in un immaginario instabile, arruffato e di frontiera, tra creature fantastiche e tradizioni orali.

Pietro Moretti     

Con una pittura tutta esistenziale, Pietro Moretti affolla frammenti. Sono piedi, mani, corpi. Nella sua sfida al reale, domina un senso di precarietà, tutta psicologica, perfino febbrile. Le sue composizioni concitate affiorano da cromatismi allucinati. I suoi ingranaggi spezzano il nostro senso del tempo, della realtà e della percezione, per innescare stati emotivi ai margini. Romano, classe 1996, nel 2020 Moretti si è laureato a Londra, alla Slade School of Fine Art. La sua pittura, già presente in importanti raccolte, ha una forte matrice letteraria. Attinge alle fiabe come ai maestri del Novecento, dalla Nuova oggettività tedesca di Max Beckmann fino al fremito dei pittori del colore e dei sentimenti, come Fausto Pirandello.

Matteo Pizzolante          

Concettuali e allo stesso tempo coinvolgenti, le installazioni di Matteo Pizzolante (Tricase, Lecce, 1989, vive a Milano) hanno una struttura “narrativa”. Prendono spunto da fatti di rilevanza sociale o da ricordi personali per dare vita ad ambienti stilizzati e simbolici, nei quali immergersi. Sfruttando la sua formazione da architetto e utilizzandone gli strumenti (software di progettazione e modellazione), Pizzolante, per esempio, ricrea la stanza di un giovane giapponese dedito all’hikikomori (isolamento volontario), alberghi dismessi ricostruiti tramite i ricordi di chi li ha frequentati oppure luoghi ricchi di sottintesi come il 180° Meridiano. Facilitano l’immedesimazione dello spettatore l’uso di mezzi evocativi come la cianotipia e la presenza di immagini che, rielaborate in digitale, risultano lievi eppure potenti.

Aronne Pleuteri              

  L’immaginario dell’arte di Aronne Pleuteri (Erba, Como, 2001, vive a Milano), come dichiara lui stesso, è quello della generazione cresciuta con Internet. Performance surreali nelle quali vengono utilizzati precari assemblaggi di oggetti, incursioni nelle tv private, video spiazzanti pubblicati in rete si affiancano all’attività pittorica, caratterizzata da una gamma di colori intensi e da un segno ruvido. I personaggi vivono «sul limite della catastrofe o un attimo prima di un’esplosione», come spiega l’artista, subendo contorsioni e deformazioni. Il tono da comicità slapstick viene utilizzato per trattare temi legati alla «malinconia e a un senso di tragedia», sottolineato dalla linea e dai colori di stampo neoespressionista. Una sorta di dark humor dell’era digitale, disperato e scanzonato al tempo stesso.

Vera Portatadino     

In opposizione all’odierno strapotere dell’immagine, Vera Portatadino (Varese, 1984, vive a Milano) intende superare nella sua pittura le categorie di figura e astrazione. I luoghi evocati dai suoi sfondi sono ipotetici, suggestivi, non caratterizzati. Allo stesso modo, gli oggetti in primo piano (“reliquie” della natura raccolte dall’artista) funzionano come «elementi grammaticali della pittura
e non come immagini», spiega. La spaziosa atmosfera metafisica che ha distinto la sua opera finora vira nei dipinti più recenti verso «toni meditativi, quasi una trance visiva». Una sensazione dovuta alla fitta coltre di punti, che rende il quadro simile a un diagramma. Anche l’illusione prospettica viene messa in discussione, in una pittura che rinuncia all’idea di rappresentazione e ai suoi “canoni”.

Carlo Alberto Rastelli    

L’immaginario fiabesco e incantato di Carlo Alberto Rastelli (Parma, 1986) attinge alla storia dell’arte, alle icone del passato, alle ambientazioni storiche, intrecciandosi a vicende biografiche. Stesure piatte su legno di abete dai motivi stilizzati si alternano a paesaggi rarefatti e scenari che virano al blu di Prussia, integrandosi in immagini composite, popolate da personaggi dipinti nel dettaglio e al contempo incorporei. Attraverso sovrapposizioni e accostamenti, l’artista esplora la dimensione temporale, dove sagome e volti sono sostituiti da galassie, costellazioni, buchi neri, quasi fossero proiezioni di universi mistici e viaggi astrali. Diplomato in Pittura all’Accademia di Brera, Rastelli ha esposto in gallerie e spazi pubblici
tra cui il Museo Marino Marini di Firenze e il Museo Fattori di Livorno.

Marta Ravasi        

La pittura di Marta Ravasi (Merate, Lecco, 1987, vive a Milano) trova la sua forza espressiva nella costrizione. L’artista sceglie di porsi dei limiti – il piccolo formato, la mancanza di un soggetto precostituito, la rinuncia all’idea tradizionale di figura – per accrescere paradossalmente l’intensità dei suoi dipinti. I suoi quadri prendono corpo durante una lunga lavorazione, grazie alle stratificazioni di colore. Solo in fase avanzata il quadro “chiama” il suo soggetto, che l’artista sceglie in un archivio di immagini (puri pretesti pittorici) da lei raccolte. Fiori, frutti o altri motivi trovano così il loro posto nei volumi di una pittura che fonde figura e sfondo, puntando su un’intensità sussurrata. La presenza-assenza dell’oggetto si pone come alternativa alla “dittatura dell’immagine” contemporanea.

Adelisa Selimbašic´

I temi della corporeità, dell’intimità e del femminile sono indagati da Adelisa Selimbašic´ (Malsch, Karlsruhe, Germania, 1996) attraverso la tecnica prediletta – la pittura a olio – su supporti di grandezze variabili che possono arrivare alla dimensione installativa. I dipinti mostrano corpi che, ritratti in scene corali o analizzati in dettaglio anatomico, espongono candidamente (e con un tocco
di humor) nudità e imperfezioni. Le linee di contorno scorrono morbide e la palette è ridotta al minimo, «per dover ogni volta reinventare i colori direttamente sulla tela», spiega l’artista. Ne derivano cromie delicate e al contempo audaci, modellate da un gesto che intreccia una pluralità di riferimenti iconografici, che guardano sia
il disegno e l’incisione antichi sia i maestri della pittura moderna e contemporanea.

Davide Serpetti      

La pittura di Davide Serpetti (L’Aquila, 1990) rappresenta un’investigazione sulla natura umana. Realizzate con pennellate dense e vividi colori espressionisti, le sue tele mostrano misteriosi ibridi tra uomini e animali, dai corpi androgini e ancora in definizione. L’artista risulta ancora più incisivo quando dialoga con lo spazio espositivo: è il caso della serie I Vinti, concepita per il Santuario di Ercole Vincitore di Tivoli, in cui i soggetti dei quadri emergono come il riflesso fantasmatico delle statue dell’Antiquarium, o ancora dell’installazione The Sleepers, dove le pareti dello spazio d’arte Casa Vuota a Roma sono affollate da sognanti volti femminili. Serpetti compone così un’iconografia dell’inconscio, in cui passato e presente, tradizione e immaginazione si fondono in forme nuove e impreviste.

Arjan Shehaj                     

La matrice segnica, l’essenzialità e la riduzione gestuale delineano la poetica di Arjan Shehaj, che utilizza materiali e supporti diversi per realizzare dipinti e opere su carta dagli sfondi neutri e terrosi. Traendo ispirazione dalla calligrafia orientale e sulla scia delle tendenze informali italiane post-belliche, Shehaj crea opere sintetiche dove un insieme di tratti dalle varie cromie si sovrappongono e si espandono sulla superficie, evocando forme naturali minimali, talvolta filamentose, costellazioni e raggruppamenti celesti, spazi indeterminati e atmosfere pulviscolari. Diplomato all’Accademia di Brera in Pittura, Shehaj (Patos, Albania, 1989), ha tenuto mostre in spazi privati e istituzionali in Italia e all’estero. Attualmente vive e lavora a Milano.

Luca Staccioli

Attraverso una pratica multimediale che spazia dalla scultura al video, dal disegno alla fotografia, sino al ricamo, Luca Staccioli (Imperia, 1988) esplora le mutazioni che investono la società, i fattori identitari, le possibili ibridazioni dovute alla tecnologia e agli effetti prodotti dai media, creando narrazioni dove gli oggetti quotidiani assumono nuove connotazioni. È esemplare la recente serie “Kit eliminacoda multifunzione (fichi d’India)”, composta da sculture in ceramica ottenute dal calco dei comuni distributori di ticket nei supermercati e nelle sale d’attesa, che assumono le sembianze di vegetali. Si tratta di forme totemiche che alludono ai processi di consumo e al contempo alle trasformazioni del paesaggio naturale. Staccioli ha vinto premi nazionali e tenuto mostre in Italia e all’estero.

Maddalena Tesser    

L’opera, esclusivamente pittorica, di Maddalena Tesser (Vittorio Veneto, 1992) ci porta in un mondo di figure femminili che si muovono in paesaggi immaginari, potentemente evocativi. L’atmosfera, che alterna toni umbratili ad ampi squarci di colore, fa pensare al sogno e all’introspezione inconscia, mentre lo stile attesta un processo di progressiva semplificazione, in cui il gusto per il dettaglio e la capacità di sfruttare la tecnica fino al virtuosismo lasciano spazio alla purezza delle forme essenziali. «Devi togliere tutto, a partire da ciò che più ti piace», spiega l’artista, che descrive le proprie composizioni di corpi, oggetti, elementi architettonici e naturali come momenti di contemplazione e pace assoluta, più legate al pensiero che al gesto, dove ritrovare le tracce (e il senso) dell’essere umano.

Flaminia Veronesi    

Flaminia Veronesi (Milano, 1986) crea sculture, dipinti, disegni, opere tessili, wall-paper, incisioni su vetro e installazioni che celebrano la fascinazione per la meraviglia e il potere della fantasia, intese come strumento primo di conoscenza e forma suprema di libertà, individuale e collettiva. Popolate da mostri, draghi, diavoli e animali fantastici, spesso declinati al femminile, le sue opere prediligono cromie acide e assembramenti magmatici; non di rado strizzano l’occhio all’assurdo o virano al grottesco, inglobando al contempo insight e riflessioni da una pluralità di voci (da Giambattista Vico a J.R.R. Tolkien, da Albert Camus a Bruno Munari).
Ne derivano universi in cui elementi mitologici e filosofici, letterari e poetici si intrecciano senza soluzione di continuità. Per lasciarci a bocca aperta

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